Come combattere il debito pubblico? Equità fiscale, formazione civica e riorganizzazione della spesa
La finanza di uno Stato, non è certo come quella di una famiglia, anche se le regole base sono sempre le stesse: valutare quanto entra e distribuire bene le uscite senza superare le entrate.
Semplice da dire, difficile da fare?
Il nostro debito pubblico è diventato un circolo vizioso. Sessanta miliardi di interessi all’anno che danno vita ad interessi anatocistici, come un Blob che continua ad aumentare a dismisura le sue dimensioni. Come mettere un freno a questo enorme debito che si rincorre?
In una famiglia, se ci si trova in difficoltà. Si raccolgono i beni di famiglia e si vendono nei negozi Compro Oro Roma, ma lo Stato non può fare così, anche se in realtà spesso vengono venduti dei beni per creare denaro liquido. Dovendo pagare così tanti interessi sui prestiti richiesti agli altri Stati, non si può certo pensare ad aumentare le prestazioni attualmente in essere, ma si può cercare di diminuire il debito pubblico. Come? Per prima cosa stabilendo un’equità fiscale. Non è possibile continuare a spremere i piccoli che stanno pian piano cedendo al mercato creando solo più povertà. Maggiore controllo all’evasione e imposizione dei pagamenti anche ai “grandi”. Ora è come se lo stipendio dello Stato, fosse percepito solo per il 40%. Secondo passo una riorganizzazione della spesa pubblica, bandendo tutti quelli che sono sperperi inutili. Le spese, passate tra mille mani, aumentano la cifra ma non il risultato. Eliminare passaggi inutili, semplificare e stroncare balzelli e circoli viziosi.
L’educazione civica
Un ruolo fondamentale nella modifica dell’economia di uno Stato è giocato anche dai cittadini. L’educazione civica deve spingere a capire che non pagare le tasse, non è una furbata. È un crimine contro le persone oneste. Un semplice e banale esempio. Chi va da un professionista e accetta di pagare la prestazione in nero, paga due volte, pensando di aver risparmiato. Il professionista regala l’illusione di aver risparmiato il 22% dell’IVA e la gente va via tutta felice pensando di aver ingannato lo Stato, ma non si rende conto che ha ingannato solo sé stesso. Perché? Semplicemente perché i soldi che evade il professionista non solo devono essere recuperati su qualcun altro, ma portano ad una mancanza di introiti che, a loro volta, si trasformano in una mancanza di servizi.